Tanti e tanti secoli fa, lungo la costa irlandese nel punto in cui le città di Galway e Clifden si congiungono, c’era una piccola capanna sperduta.
Chi mai l’avesse costruita era a tutti ignoto, perché la desolazione della costa era tale che gli uomini non avevano mai voluto andarvi ad abitare.
Il vento dell’Atlantico vi soffiava in continuità quasi volesse sradicare anche l’erica e i licheni.
Il cielo era grigio e conosceva raramente il calore del sole.
In quel tempo gli uomini erano pochi.
Vivevano raccogliendo sulle spiagge gli animali che l’oceano vi depositava ogni giorno, si battevano per il possesso di una donna, d’un pezzo di legno, d’una pietra.
Dalle loro labbra uscivano suoni appena articolati.
Ma un giorno una giovane donna, con il suo figlioletto appena nato, si rifugiò nella capanna.
Si adattò alla solitudine del luogo e imparò a difendersi dal vento e dalle piogge.
Viveva cibandosi degli animali che il mare ogni giorno depositava sulle spiagge e bevendo acqua piovana.
Insegnò al suo bambino ad amare quell’universo che a tutti era sembrato ostile.
Il piccolo crebbe e diventò un uomo forte e saggio.
Conosceva ogni aspetto dell’oceano, capiva anche dai segnali più insignificanti l’arrivo delle tempeste, percepiva la direzione delle correnti, coglieva nel colore e nelle trasparenze delle acque l’approssimarsi delle maree.
Intuiva inoltre il significato delle nuvole in cielo.
Ciò che lo affascinava di più era però il mormorio delle onde, in riva al mare si sentiva rapito dal suono che proveniva dall’oceano a volte dolce, a volte violento, ma sempre ricco di armonia e di mistero.
Un giorno decise perciò di andare verso l’ignoto oltre la riva.
Con una piccola zattera si abbandonò alle onde del mare e incominció a remare guardandosi intorno incantato, l’immensità dello spazio azzurro lo ammaliava.
Dopo alcune ore di navigazione s’avvide con preoccupazione che stava per scatenarsi un uragano la sua zattera non avrebbe potuto competere con le forze dell’oceano.
Il giovane infatti lottò inutilmente contro le onde, che lo strapparono ai resti della zattera e lo inghiottirono.
Fu trascinato nel fondo.
Si trovò in un mondo calmo e tranquillo, dove strani esseri lo guardavano meravigliati.
Infine la corrente, che diventava sempre più impetuosa, lo risucchió verso un grosso pozzo che si trovava nelle profondità marine.
Il giovane avvertì una strana sensazione, nel fragore delle acque, che cadevano nel pozzo, gli parve di udire un susseguirsi di espressioni.
Erano tante parole nuove a lui sconosciute.
Quanta dolcezza! E che suono meraviglioso producevano! Capì che le onde del mare gli parlavano e che egli ne comprendeva il messaggio.
Durò un attimo quel viaggio misterioso.
Poi si trovò di nuovo sulla sua spiaggia.
Rivide le luci di sempre, ascoltò i rumori e gli echi a lui noti, risentí il canto degli uccelli.
Guardò le onde del mare e vi scorse le tante forme di vita che ben conosceva il polpo, l’aringa, la seppia, in lontananza intravide il delfino, la balena azzurra.
Ma scoprì una cosa strana era padrone, ad un tratto, di una gamma infinita di suoni e di parole.
Con esse poteva descrivere l’universo che lo circondava.
Pronunciò, per la prima volta, espressioni mai udite prima, erano perfette.
La madre sentì la sua voce, corse verso di lui per riabbracciarlo e rimase per ore ad ascoltare il suo dire.
Anche gli uomini e le donne che abitavano nei punti più lontani dell’isola lo sentirono e accorsero.
Non comprendevano quel linguaggio, eppure il ritmo era così melodioso che ne furono affascinati, era nata finalmente la poesia.
Ma essa è una ricchezza di pochi.
Chi vuole possederla deve infatti riuscire ad arrivare nelle profondità dell’oceano, nel pozzo sottomarino di Connla.
Emma.
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