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Connor e i Lupi

Un giovane contadino, di nome Connor, una volta perse due mucche pregiate che appartenevano alla sua mandria, e non se ne ebbe più traccia né notizia da nessuna parte.

Così pensò di andare a cercarle nelle campagne.

Prese un robusto bastone di pruno selvatico e si avviò.

Percorse miglia e miglia tutto il giorno ma non c’era traccia delle bestie.

Mucche irlandesi

La sera cominciava a farsi scura e lui era sfinito ed affamato, senza nessun luogo vicino in cui riposarsi, poiché si trovava nel mezzo di una brughiera cupa e desolata, non c’era nessuna abitazione in vista, fatta eccezione per un capanno lungo, basso e scabro come la tana di un bandito o di una belva feroce.

Ma da uno spiraglio tra i pali di legno trapelava un luccichio: Connor prese coraggio, si avvicinò e bussò alla porta che fu subito aperta da un vecchio alto, magro, dai capelli grigi e dai taglienti occhi scuri.

“Entrate,” disse, “siete il benvenuto. Vi stavamo aspettando. Questa è mia moglie”, e lo condusse davanti al focolare, dove era seduta una vecchia magra dai capelli grigi, con lunghi denti aguzzi e terribili occhi sfavillanti.

“Siete il benvenuto”, disse lei. “Vi stavamo aspettando è ora di cena. Accomodatevi e mangiate con noi”.

Orbene, Connor era un tipo coraggioso, ma all’inizio, alla vista di quella strana creatura, rimase piuttosto impressionato.

Comunque aveva il suo bastone con sé e pensò che avrebbe potuto difendere la propria vita a qualsiasi costo.

Nel frattempo, avrebbe riposato e cenato poiché si sentiva affamato e sfinito, adesso era notte fonda e non avrebbe mai trovato la strada di casa se pure ci avesse provato, quindi si sedette accanto al focolare, mentre la vecchia dai capelli grigi rimestava il paiolo sul fuoco.

Ma Connor sentì che lo osservava continuamente con i suoi avidi occhi taglienti.

Poi qualcuno bussò alla porta, il vecchio si alzò e la aprì.

Entrò un giovane lupo nero e slanciato, che attraversò la stanza dirigendosi immediatamente in una camera interna, da cui uscì qualche momento dopo un bel giovane bruno, slanciato, che prese posto a tavola e, con gli occhi scintillanti, rivolse a Connor uno sguardo duro.

“Siete il benvenuto,” disse, “vi aspettavamo”.

Prima che Connor potesse rispondere, qualcun altro bussò alla porta ed entrò un secondo lupo che passò nella saletta interna come il primo lupo, e subito dopo un altro bel giovane scuro uscì e si sedette a cenare con loro, fissando Connor con i suoi avidi occhi, ma non proferì parola.

Questi sono i nostri figli,” disse il vecchio, “dite loro cosa volete, e cosa vi ha portato tra di noi, poiché noi viviamo da soli e non importa se vengono a casa nostra delle spie o degli stranieri”.

Allora Connor raccontò la sua storia, come aveva perduto le sue due mucche pregiate e come le aveva cercate tutto il giorno senza trovarne traccia.

Non conosceva il posto in cui si trovava e nemmeno il generoso gentiluomo che lo aveva invitato a cena, ma se gli avessero detto dove trovare le sue mucche, avrebbe ringraziato e avrebbe fatto il possibile per tornare subito a casa.

A quel punto risero tutti, guardandosi l’un l’altro, e la vecchia megera quando mostrò i lunghi denti aguzzi era più spaventosa che mai.

Con ciò, essendo un tipo irascibile, Connor cominciò ad arrabbiarsi.

Afferrò strettamente il bastone di pruno selvatico, si alzò e ordinò loro di aprirgli la porta: se ne sarebbe andato per la sua strada, dato che non gli prestavano ascolto e si prendevano solo gioco di lui.

Allora il maggiore dei giovani si alzò in piedi. “Aspettate,” disse, “noi siamo crudeli e cattivi, ma non dimentichiamo mai una gentilezza. Vi ricordate quando un giorno, in fondo alla valle, trovaste un povero lupetto che soffriva dolori atroci ed era sul punto di morire perché una spina appuntita gli aveva trafitto il fianco? E voi gentilmente gli estraeste la spina, gli deste da bere e ritornaste sul vostro cammino lasciandolo in pace a riposare?”.

connor e i lupi

“Sì, benissimo me lo ricordo,” disse Connor, “e ricordo anche come la povera bestiola mi leccava la mano in segno di gratitudine”.

“Ebbene,” disse il giovane, “quel lupo sono io, e se posso vi aiuterò, ma restate con noi stanotte e non abbiate paura”.

Quindi si sedettero di nuovo per cenare, mangiarono allegramente, poi caddero tutti in un sonno profondo, Connor non capì più nulla fino a che non si svegliò la mattina e si trovò accanto a un enorme covone di fieno, proprio nel suo campo.

“Beh,” pensò, “l’avventura della scorsa notte non è stata di sicuro solo un sogno e certo troverò le mie mucche, una volta a casa, poiché quel giovane lupo, buono e distinto, mi ha promesso il suo aiuto e sono convinto che non mi tradirà”.

Ma quando giunse a casa e cercò nel cortile, nella stalla e nel campo, non c’era segno né traccia delle mucche così diventò molto triste e sconsolato, ma proprio allora intravide nel campo lì accanto tre delle più belle e strane mucche su cui avesse mai posato gli occhi.

“Queste” disse, “devono essersi allontanate dal terreno di qualche vicino”.

Allora prese il suo grosso bastone per dirigerle fuori dal recinto del suo campo però, quando ebbe raggiunto il recinto, c’era di guardia un giovane lupo nero, appena le mucche provarono a oltrepassare il cancello, il lupo le attaccò spingendole indietro.

Allora Connor capì che il suo amico lupo aveva mantenuto la parola quindi lasciò tornare le mucche tranquillamente nel suo campo e lì rimasero fino a divenire le più pregiate dell’intero paese, e la loro discendenza è arrivata fino ai giorni nostri.

Connor diventò ricco e prosperoso, poiché una buona azione non va mai perduta, ma porta sempre fortuna a chi la compie, come dice il vecchio proverbio: “Fortune sian date alle buone azioni compiute”.

Connor non trovò mai più quella brughiera desolata o quel capanno abbandonato, nonostante li avesse cercati in lungo e in largo per portare i suoi ringraziamenti, come doveva, agli amici lupi, e nemmeno incontrò di nuovo un solo componente di quella famiglia.

Però si doleva molto quando portavano in città un lupo ammazzato per ricevere una taglia, temendo che la vittima potesse essere il suo squisito amico.

A quel tempo, data la desolazione del Paese costantemente in guerra, i lupi in Irlanda erano aumentati al punto tale che veniva offerta una ricompensa e veniva corrisposta una lauta somma per ogni pelle di lupo portata alla Corte di giustizia.

E questa era l’epoca della regina Elisabetta, in cui le truppe inglesi intrapresero guerre incessanti contro il popolo irlandese e in Irlanda c’erano più lupi che uomini e i morti venivano lasciati insepolti lungo tutte le strade, a centinaia, poiché non v’erano più braccia disponibili per scavare le loro fosse.

Emma

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