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Il Bambino fatato

Una vecchia donna che vive ad Innis-Sark disse che quand’era giovane conobbe una giovane donna che era sposata da cinque anni ma non aveva figli.

Suo marito era un uomo grezzo e rude ed era solito molestarla e picchiarla spesso perché era senza figli ma con il passare del tempo nacque un figlio, bello a vedersi come un angelo del paradiso ed il padre ne era così fiero che spesso rimaneva a casa a cullarlo e ad aiutare la moglie nei lavori domestici.

Un giorno, tuttavia, mentre lo stava cullando il bambino lo guardò improvvisamente e meraviglia, sul suo volto vi era una grande barba.

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Allora il padre gridò alla moglie: “Questo non è un bambino, ma un demone! Hai fatto un incantesimo malvagio su di lui!”

La colpì e la picchiò peggio di quanto avesse mai fatto in vita sua, tanto che ella urlò per chiedere aiuto.

Divenne improvvisamente buio ed un tuono rombò sulle loro teste, la porta si aprì con un grande fracasso ed entrarono due strane donne con capelli rossi in testa e dei robusti bastoni in mano.

Corsero dall’uomo ed una gli tenne ferme le braccia, mentre l’altra lo picchiò fin quando non fu quasi morto.

“Noi siamo le vendicatrici guardaci e trema, perché se mai picchierai ancora tua moglie verremo ad ucciderti. Inginocchiati, ora e chiedile perdono.”

E quando il disgraziato lo fece, tutto tremante di paura, svanirono.

“Ora, questa casa non va più bene per me. La lascerò per sempre”, disse l’uomo quando se ne furono andate.

Andò quindi per la sua strada e non disturbó più la moglie.

Il bambino saltò quindi nella culla.

“Ora, madre,” disse “siccome quell’uomo se ne è andato ti dirò cosa fare.

Qui vicino c’è una fonte sacra che non hai mai visto ma la riconoscerai per il fascio di giunchi che cresce alla sua foce.

Vai là, fermati e grida forte per tre volte: comparirà una vecchia, che ti darà qualunque cosa tu voglia.

Solo non dire a nessuno della fonte o della donna o ne verrà del male.”

La madre promise ed andò alla fonte, gridò tre volte e comparve una vecchia, che disse: “Donna, perché mi chiami?”.

La povera madre era spaventata e, tutta tremante, rispose: “Mi ha mandato il bambino ed io ti prego di farmi del bene, non del male.”

“Vieni dunque con me dentro alla fonte” disse la donna “e non temere.”

La madre prese la sua mano e la donna la trascinò giù lungo dei gradini di pietra, giunsero ad una robusta porta chiusa, che la vecchia aprì, quindi le disse di entrare, ma la madre era spaventata e pianse.

“Entra e non temere nulla. Questa è l’entrata del palazzo del Re e tu vedrai la Regina delle fate, perché è suo figlio quello che stai allevando ed il Re suo marito è con lei sul suo trono d’oro. Non avere paura, solo non fare domande e fai ciò che ti ordinano.”

Quindi entrarono in una bella sala il cui pavimento era di marmo ed i muri erano di oro puro, una grande luce splendeva su tutto così forte che a malapena gli occhi potevano vedere.

Quindi passarono ad un’altra stanza ed alla fine di essa, su un trono d’oro, sedeva il Re delle fate.

Era molto bello ed accanto a lui sedeva la sua Regina, bella e aggraziata a vedersi, tutta vestita d’argento.

Re e Regina delle fate

“Questa, signora, è la nutrice di vostro figlio, il giovane principe” disse la vecchia.

La Regina sorrise e ordinò alla nutrice di sedersi, quindi le chiese come fosse giunta a sapere di quel luogo.

“E’ stato mio figlio a dirglielo” disse il Re, con lo sguardo infuriato, ma la Regina lo calmò e, rivolgendosi ad una delle sue dame, disse: “Portate qui l’altro bambino.”

La dama portò quindi un infante e lo mise tra le braccia della madre.

“Prendilo,” disse la Regina “è tuo figlio, che abbiamo portato via perché era così bello, il bambino che hai a casa è mio, un piccolo monello di elfetto.

Lo rivoglio indietro ed ho mandato un uomo a prenderlo.

Tu puoi portare a casa il tuo adorabile figlio sano e salvo, perché su di lui vi sono le buone
benedizioni delle fate.

E l’uomo che ti picchiava non era tuo marito, ma un nostro messaggero che avevamo inviato a scambiare i bambini, ora torna quindi a casa e troverai il tuo vero marito che ti sta attendendo giorno e notte.”

Detto questo, la porta si aprì e l’uomo che l’aveva picchiata entrò, la madre tremò e si spaventò, ma l’uomo rise e le disse di non temere ma di mangiare ciò che era stato preparato per lei e poi di andare in pace.

La portarono quindi in un’altra sala, dove vi era una tavola piena di piatti d’oro, bellissimi fiori e vino rosso in coppe di cristallo.

“Mangia,” le dissero “questa festa è stata preparata per te. Noi non possiamo toccarne, perché il cibo è stato salato.”

Ed ella mangiò e bevve il vino rosso e mai in tutta la sua vita le furono servite tante portate buone e piacevoli a vedersi.

Quindi, com’era giusto, a fine della cena ella si alzò e giunse le mani per ringraziare Dio.

Ma essi la fermarono e la fecero sedere nuovamente.

“Silenzio!” dissero “quel nome non deve essere pronunciato qui!”

Vi fu un mormorio irato nella stanza ma proprio in quel momento si udì della bellissima musica ed un canto simile a quello dei preti, la povera madre ne fu così incantata che cadde svenuta come se fosse morta.

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Quando si riebbe era pomeriggio inoltrato e si ritrovò di fronte alla porta della sua casa, suo marito uscì e la prese per mano, la portò in casa e là c’era il bambino, più bello che mai, grazioso come un giovane principe.

“Dove sei stata per tutto questo tempo?” chiese il marito.

“Sono stata via solo un’ora a prendere il mio bambino che era stato rapito dalle fate” rispose la donna.

“Un’ora!” disse il marito; “sei stata via per tre anni con il tuo bambino!

Quando siete spariti nella culla è stata lasciata una povera creaturina malaticcia al suo posto più piccola di un fungo ed io sapevo che era un sostituto fatato.

Ma un giorno accadde che arrivò un sarto e si fermò per riposare e quando il bambino, quella brutta cosina, lo vide, sedette quasi sul ciglio della culla e gridò: “vieni, ora, cosa stai guardando?

Dammi quattro fili di paglia con cui giocare!”

Il sarto glieli diede ed il bambino suonò con essi la musica più dolce, come se fossero dei flauti, una musica così dolce che le sedie e i tavoli cominciarono a danzare, quando si stancò ricadde nella culla e dormì.

“Ora,‟ disse il sarto “questo bambino non è a posto, ma ti dirò cosa fare, per cominciare fai un grosso fuoco.‟

Così facemmo il fuoco il sarto chiuse quindi la porta e prese lo sfortunato monello dalla culla, mettendolo a sedere sul fuoco.

Non appena le fiamme lo lambirono, quello strillò e volò su per il camino, scomparendo e, quando avemmo bruciato tutto ciò che gli era appartenuto, fui certo che tu saresti  tornata da me con il nostro bel bambino.

Ora nominiamo il nome di Dio e facciamo su di lui il segno della croce, così la sfortuna non cadrà mai più sulla nostra casa per sempre.”

Da quel giorno l’uomo e sua moglie vissero felici, il bambino crebbe e prosperò e divenne bello a vedersi e felice nella vita, perché era benedetto dalle fate per salute, ricchezza e prosperità, proprio come la Regina delle fate aveva promesso alla madre.

Emma.

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