Un giorno un bel giovane di nome Jeremy Nowlan andò alla fiera di Slane.
Vi aveva fatto portare il suo bestiame per venderlo.
Era vestito con i suoi abiti migliori, eleganti e puliti, e nessuno in tutta la contea poteva eguagliare la sua altezza, forza o bellezza.
Camminava allegro e fiero di sé lungo la strada, fin quando giunse in una zona solitaria dove non si vedeva un’anima.
Proprio in quel momento il cielo divenne scuro ed improvvisamente udì dietro di sé gli zoccoli di un cavallo.
Si voltò e vide un gentiluomo molto scuro, vestito elegantemente che cavalcava un cavallo nero e correva velocemente verso di lui.
“Jeremy Nowlan,” disse il cavaliere “ti stavo cercando. Sali dietro di me e ti porterò immediatamente alla fiera di Slane. Mi sto recando là e mi farebbe molto piacere avere la tua compagnia”.
“Vi ringrazio molto per la vostra gentilezza,” disse Jeremy “ma uno come me non è degno di cavalcare con vostra signoria. Preferirei dunque camminare, ma grazie ugualmente”.

Per dire la verità, Jeremy aveva paura di quello strano gentiluomo e del suo cavallo nero, non si fidava, perché aveva udito strane storie su come giovani uomini venivano rapiti dalle fate e tenuti prigionieri dai loro incantesimi nelle profondità della terra nel cuore della collina, dove mai mortale avrebbe potuto rivederli o conoscere il loro destino.
Ad essi era permesso uscire a vedere i loro cari solo nelle notti in cui camminavano i morti ed essi camminavano con loro quando si alzavano dalle loro tombe.
Cominciò quindi a scusarsi nuovamente e, nel frattempo, continuò a guardarsi in giro in cerca di qualche strada per fuggire.
“Vieni”, disse il cavaliere nero “tutto questo non ha senso, Jeremy Nowlan, tu devi davvero venire con me.”
Detto questo, scese e lo toccò leggermente sulla spalla con il frustino ed in un istante Jeremy si ritrovò seduto sul cavallo a galoppare come il vento con il cavaliere nero.
Non si fermarono né riposarono fin quando giunsero ad un grande castello in un bosco, dove uno stuolo di servitori in verde ed oro attendevano sulla soglia di riceverli.
Si trattava delle persone più piccole che Jeremy avesse mai visto in tutta la vita ma non lo fece notare.
“Portatelo in una stanza e fatelo vestire” disse il gentiluomo, che sembrava il padrone del castello.
Nella stanza Jeremy trovò un bellissimo completo in velluto, un cappello ed una piuma.
Quando i piccoli servi lo ebbero vestito, lo condussero ad una grande sala tutta illuminata, con ghirlande di fiori appese, musica e danze ed erano presenti molte dame, ma nessuno nella sala era più bello di Jeremy Nowlan nel suo completo di velluto con cappello e piuma.
“Volete danzare con me, Jeremy Nowlan?” disse una amabile dama.
“No, Jeremy: dovete danzare con me” disse un’altra.
E tutte loro se lo disputarono, così egli dovette danzare con tutte, una dopo l’altra, per tutta la notte, fin quando fu stanco morto e desiderò solo di stendersi e dormire.
“Portate Jeremy Nowlan alla sua stanza e mettetelo a letto” disse il gentiluomo ad un uomo dai capelli rossi “ma prima dovrà raccontarmi una storia”.
“Non conosco nessuna storia, vostro onore,” disse Jeremy “perché non sono istruito, sono molto stanco, lasciatemi andare a dormire”.
“Dormire!” disse il gentiluomo.
“No se posso impedirtelo. Qui, Davy!” e chiamò l’uomo dai capelli rossi.
“Prendi Jeremy Nowlan e buttalo fuori, non è in grado di raccontarci alcuna storia ed io non terrò qui nessuno che non mi possa raccontare storie. Buttalo fuori, non è degno della cena”.
Così l’uomo dai capelli rossi buttò fuori Jeremy dal castello ed egli si stava giusto disponendo a dormire su una panca fuori quando arrivarono tre uomini con una bara.
“Oho, Jeremy Nowlan,” dissero “sei il benvenuto. Avevamo giusto bisogno di un quarto uomo per portare la bara”.

E lo posero sotto ad essa insieme a loro, quindi marciarono per colli, valli e campi, attraverso rovi e spine fino al vecchio cimitero nella valle, dove si fermarono.
“Chi scaverà la tomba?” disse uno.
“Tiriamo a sorte” disse un altro.
E toccò a Jeremy gli diedero quindi una vanga ed egli lavorò fin quando la tomba non fu larga e profonda.
“Questo non è affatto il posto giusto per una tomba” disse il capo del gruppo quando il lavoro fu finito.
“Non seppellirò nessuno in questo luogo, perché qui riposano le ossa di mio padre”.
Così dovettero prendere nuovamente la bara e portarla per campi e valli fin quando raggiunsero un altro cimitero, dove Jeremy fu costretto a scavare un seconda tomba.
Quando finì, il capo gridò: “Chi metteremo nella bara?”
Ed un’altra voce rispose: “Non abbiamo bisogno di tirare a sorte mettiamo Jeremy Nowlan nella bara!”
Quindi lo presero e cercarono di gettarlo a terra ma Jeremy era forte e potente.
Loro non lasciavano la presa, nonostante lui desse loro colpi tali che avrebbero ucciso qualunque altro uomo.
Infine si sentì perduto, perché non aveva armi con cui combattere e la sua forza stava scemando.
Vide quindi che il capo aveva in mano una bacchetta di nocciolo e lui sapeva che una bacchetta di nocciolo portava fortuna.
Con un balzo improvviso si rialzó la prese, la fece roteare per tre volte intorno alla testa e colpì con essa a destra e a manca i suoi assalitori, quando accadde qualcosa di meraviglioso: i tre uomini, che erano pronti ad ucciderlo, caddero improvvisamente a terra e vi rimasero immobili come morti.
La bara divenne bianca di luce lunare, ma nessuna mano la toccò né si udì voce alcuna.
Jeremy non attese di vedere, poiché la paura di quegli uomini era in lui prevalente, corse via, temendo che potessero rialzarsi.
Corse per campi e valli con la bacchetta di nocciolo ancora in mano, attraverso rovi e
spine fin quando si ritrovò nuovamente all’entrata del castello.
I magnifici servitori allora uscirono e dissero: “Sei il benvenuto, Jeremy Nowlan. Entra sua signoria ti attende.”
Lo portarono in una stanza dove il lord giaceva su un letto di velluto ed egli disse: “Ora, giovane uomo, raccontami una storia, perché a nessuno è permesso di mangiare, bere o dormire nel mio castello se non ha raccontato qualcosa di meraviglioso che ti è accaduto.”
“Allora, mio signore,” disse Jeremy “posso raccontarvi la più meravigliosa delle storie e sono molto orgoglioso di potere divertire vostra signoria.”
Raccontò quindi la storia dei tre uomini e della bara ed il signore fu così compiaciuto che ordinò ai servi di portare al giovane una bella cena e il vino migliore.
Jeremy mangiò come un principe su piatti d’oro e bevve vino da coppe di cristallo, dopo cena si sentì molto stanco e cadde a terra addormentato profondamente.
La mattina seguente si risvegliò sdraiato sotto un covone di fieno nel suo stesso campo ed i suoi lussuosi abiti erano svaniti, il completo di velluto con il cappello e la piuma che lo avevano fatto sembrare così bello al ballo, dove tutte quelle dame si erano innamorate di lui.
Dell’avventura notturna non gli rimase altro che la bacchetta di nocciolo, che continuava a tenere stretta in mano.
Jeremy Nowlan quel giorno fu molto triste, specialmente quando il mandriano venne a dirgli che non aveva venduto nessuno degli animali alla fiera, perché i suoi uomini attendevano il padrone e si erano meravigliati che non fosse venuto a preoccuparsi del suo denaro, mentre tutti gli altri allevatori vendevano i loro animali ai prezzi migliori.
Jeremy non comprese mai il perché le fate gli avessero giocato un così brutto scherzo impedendogli di vendere il bestiame, ma se mai avesse incontrato nuovamente lo straniero sul suo cavallo nero, era determinato a fargli provare la forza del suo randello sul capo, per importante che lui fosse tra le fate.
Infatti, avrebbe potuto almeno lasciargli il completo di velluto ed era stato vergognoso portarglielo via quando non poteva farci nulla ed era caduto a terra per la debolezza dovuta alla danza ed al vino bevuto a cena.
Era un brutto e spregevole scherzo, come disse a se stesso quella mattina quando si alzò dal covone di fieno.
Questo ci dimostra di non fidarsi mai delle fate, perché tutte le loro dolci parole, le maniere gentili e il loro vino rosso sono pieni di malizia, invidia ed inganno ed esse sono sempre pronte a rovinare un poveraccio ed a riderne solo per divertirsi e per il dispetto e la gelosia che provano nei confronti della razza umana
Emma.
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